Fritta e al forno: pizza tossica o pizza sana? La mia analisi tra Punto di Fumo e Reazione di Maillard

Pizza Fritta e Cottura: pizza tossica o sana? Un’Analisi Tecnologica tra Punto di Fumo e Reazione di Maillard

La prima volta che ho assaggiato una pizza fritta perfetta, ho capito quanto fosse straordinario l’equilibrio tra croccantezza, leggerezza e sapore. Sembrava semplice, ma dietro c’era una conoscenza precisa delle temperature, della scelta dell’olio e delle reazioni chimiche che avvengono durante la frittura. Spesso, nel mondo della ristorazione, si tende a semplificare processi complessi, rischiando di dare informazioni imprecise. Questo è ciò che è successo di recente durante una puntata di MasterChef Italia, si è parlato della frittura, citando la temperatura di 220°C ed il passaggio in forno successivo. Questo ha sollevato alcune discussioni, in particolare sul punto di fumo degli oli, sulla Reazione di Maillard e su un altro tema spesso dibattuto: cosa succede se una pizza fritta viene passata in forno?

Come studioso e amante della cottura, trovo fondamentale approfondire questi temi con un approccio tecnico e storico, per sfatare alcuni miti e valorizzare al meglio una tecnica antica come la frittura. 
Il Punto di Fumo degli Oli: Cosa Succede Quando si Supera? 
Il punto di fumo è la temperatura alla quale un olio inizia a decomporsi, producendo fumo visibile e rilasciando composti potenzialmente tossici come l’acroleina, una sostanza irritante per le mucose. Non tutti gli oli sono uguali: il loro punto di fumo varia in base alla raffinazione e alla composizione dei grassi. Ad esempio: 
•L’olio di arachidi ha un punto di fumo di circa 230°C, rendendolo ideale per fritture ad alte temperature. 
•L’olio extravergine di oliva, a seconda della qualità, ha un punto di fumo che varia tra 160°C e 210°C. Usarlo per fritture prolungate può degradarlo rapidamente. 
•L’olio di girasole alto oleico, sempre più utilizzato nella ristorazione, ha un punto di fumo intorno ai 225°C ed è più stabile rispetto al normale olio di girasole. Friggere a temperature troppo elevate non significa ottenere un prodotto migliore. Al contrario, si rischia di alterare l’olio, bruciare la superficie dell’impasto e compromettere il sapore e la digeribilità della pizza fritta. Come diceva lo chef Auguste Escoffier, padre della cucina moderna: “La buona cucina è la base della vera felicità”…e una buona frittura parte proprio dalla conoscenza dei giusti parametri tecnici! 
 
La Reazione di Maillard: Oltre i 140°C? Un altro concetto chiave quando si parla di cottura è la Reazione di Maillard, il processo chimico responsabile del colore dorato e del sapore complesso degli alimenti cotti. Spesso si dice che avviene solo sopra i 140-160°C, ma la realtà è più sfumata. Diversi fattori influenzano questa reazione: 
pH: Un ambiente alcalino accelera la Maillard, mentre uno acido la rallenta. Ad esempio, l’aggiunta di bicarbonato in alcune preparazioni può intensificare la doratura. 
Contenuto di acqua: Più un alimento è umido, più la Maillard sarà rallentata. Per questo motivo, una pizza fritta ben asciugata prima della cottura reagisce meglio in olio caldo. 
Tipologia di zuccheri e proteine: Alcuni zuccheri, come il glucosio, favoriscono una reazione più intensa rispetto ad altri. Uno degli errori più comuni è pensare che la Maillard sia responsabile esclusivamente della crosta croccante. In realtà, anche in cotture più dolci, come la meringa a bassa temperatura, si possono notare lievi imbrunimenti dovuti a questo fenomeno. La conoscenza di questa reazione è essenziale per chi lavora con la pizza, perché incide sulla croccantezza, sul colore e sul sapore finale dell’impasto cotto in forno o fritto generando i precursori di aroma. 
 
Passare la Pizza Fritta in Forno: Un Rischio o un Miglioramento? Una delle pratiche più utilizzate nella ristorazione moderna (e non solo) è passare la pizza fritta in forno per completarne la cottura. Alcuni sostengono che questo possa alterare il prodotto finito, ma la realtà è diversa. Se fatta con consapevolezza, questa tecnica: Non altera la struttura dell’impasto, ma può aiutarlo a stabilizzarsi. Elimina l’eccesso di umidità interna, migliorando la leggerezza della pizza. Mantiene la croccantezza esterna, purché il tempo in forno sia controllato. L’importante è evitare temperature troppo alte o tempi di cottura eccessivi, che potrebbero asciugare eccessivamente l’impasto. Quando ben gestita, questa pratica permette di ottenere una pizza fritta più asciutta, più leggera e più stabile nel tempo
 
Le Tecniche di Cottura nelle Civiltà Antiche L’arte della frittura non è una scoperta moderna. Già nell’Antico Egitto, circa 4.000 anni fa, si friggevano pani piatti in grassi animali e oli vegetali. I Greci e i Romani perfezionarono queste tecniche, utilizzando padelle di bronzo e oli d’oliva per preparare impasti simili alle attuali frittelle. Plinio il Vecchio, nel Naturalis Historia, descriveva un cibo fritto a base di farina che i Romani consumavano durante le festività. Con il tempo, la frittura divenne parte integrante della cultura gastronomica mediterranea, fino a raggiungere la sua massima espressione nella pizza fritta napoletana, simbolo di creatività e adattamento storico. Oggi, grazie agli studi scientifici, possiamo migliorare queste tecniche conoscendo esattamente le temperature e i parametri ideali per una frittura perfetta. 
 
La Tecnologia al Servizio della Tradizione L’evoluzione della cucina passa attraverso la conoscenza dei processi chimico-fisici, che ci permettono di migliorare costantemente la qualità dei prodotti. Una buona frittura non dipende solo dalla temperatura, ma dalla scelta dell’olio giusto, dalla corretta gestione del calore e dalla consapevolezza delle reazioni chimiche coinvolte
Leonardo da Vinci una volta ha detto: “I dettagli fanno la perfezione, e la perfezione non è un dettaglio”
Nella pizza, così come nella cucina in generale, ogni dettaglio conta. La sfida sta nel bilanciare tradizione e innovazione, valorizzando tecniche antiche con le conoscenze scientifiche di oggi.

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